domenica 22 marzo 2015

LA GARA DI TUSCANIA


 
Domenica 29 marzo correremo a Tuscania.
Saremo in tanti, e sarà una partecipazione molto sentita.
Perché quella di Tuscania non è una gara come tante.
La gara di Tuscania è un dono d’amore.
Amore di una figlia per il suo papà. Di entrambi per lo sport.
Lo sport quello vero, pulito, onesto. Quello della contesa leale, della sfida con se stessi, del rispetto per l’avversario.
Quello che può farti impazzire di gioia o piangere di dolore e di rabbia.
Quello di cui Mario Lucchetti è stato un esempio, e per cui lo sono adesso Silvia, Simone, Daniele, che a lui hanno voluto intitolare questa gara.
Silvia non è soltanto una fortissima runner, ma anche un’esperta nuotatrice ed un’affermata triatleta. 
Purtroppo lei domenica non correrà.  In bocca al lupo Silvia, torna presto a correre e a gareggiare, ci manchi!
Sarai comunque insieme a noi, a testimoniarci il tuo amore per questo sport e quello per il tuo papà che te lo ha trasmesso. E che tu ora così gli ricambi.  
E non c’è modo migliore per farlo.
Un padre che ha insegnato ad una figlia ad amare lo sport, che ha saputo infondere in lei una passione così pura ed intensa al punto da farne una ragione di vita, non chiederebbe di più e di meglio per sentirsi pienamente realizzato e gratificato:  come uomo, come sportivo, come genitore.
Silvia non correrà con noi, ma sarà nei nostri pensieri, dal primo all’ultimo metro. Perché sarà a lei, oltre che al suo papà, che noi dedicheremo la nostra gara.
Mario Lucchetti è stato un grande sportivo, ma soprattutto un bravissimo calciatore.
Gli farà piacere se citeremo qui per l’occasione una frase di Lionel Messi, un atleta che sicuramente avrebbe amato, se avesse avuto la possibilità di vederlo giocare:  
“Non importa quanto corri , ma quanto cuore metti in campo”.
Ecco, così noi oggi vogliamo ricordarci di Mario.  
Un papà che di cuore in campo ne ha messo tanto.



 

sabato 25 gennaio 2014

CI FACCIAMO UN “FARTLEK”?

Raccontino illustrato senza pretese, tanto per correre un po’ in compagnia – basta la salute…
di Paolo Coppari



Copio e incollo da uno dei siti dedicati al running:

“Il Fartlek è uno dei tanti mezzi di allenamento che vengono utilizzati per migliorare la cilindrata del motore. E’ un allenamento di origine svedese che prevedeva nella versione originale di correre a sensazione soprattutto su percorsi ondulati e sterrati”.

 Naturalmente non è la sola definizione di “fartlek”, ma per lo scopo di questo raccontino ci accontenteremo di questa, OK?
Il percorso che vi voglio mostrare è proprio quello del mio fartlek preferito.
In genere lo faccio da solo, ma se dopo aver visto e letto quanto sto per mostrarvi a qualcuno verrà voglia di farmi compagnia, sarà il benvenuto!

Si tratta di un percorso di 12 km, misto asfalto e sterrato, con tratti di cross-country su terreno abbastanza irregolare ma nel complesso scorrevole e privo di buche o avvallamenti pericolosi.
Il tempo medio di percorrenza può essere calcolato tra l’1:00’ e l’1:15’, a seconda di come lo si affronta, ma anche delle condizioni del fondo (a seguito di abbondanti piogge la presenza di fango e pozzanghere può rallentare notevolmente l’andatura…).
Ma - cosa più importante di tutte – si tratta di un percorso piacevole, tra boschi e prati verdi, di quelli che mentre corri ti guardi intorno e ti rilassi contemplando lo spettacolo dei paesaggi circostanti. Di quelli che ti invitano a rallentare per respirare a pieni polmoni l’aria fresca e profumata in cui sei immerso, e  gustare appieno i silenzi e le atmosfere magiche di una natura ancora incontaminata.

Allora, che ne dite? Andiamo, venite con me?

 Si parte da qui. Si chiama “Via delle Fortezze”. E’ una stradina parallela alla Via Cassia che attraversa l’abitato di Cura di Vetralla (circa 200 metri in linea d’aria), ma è già quasi aperta campagna. Il fondo è piatto e completamente asfaltato. Su entrambi i lati è fiancheggiata da qualche abitazione, ma soprattutto da pollai e recinti vari per animali da cortile.
 
 
La si percorre per circa 300 metri fino alla congiunzione con la “Via del Fosso Grande”, più ampia e scorrevole, che si snoda da Cura in direzione di Blera/Barbarano Romano. In cima a questa salita c’è un semaforo che regola l’incrocio con “Via Corneto”. E’ una zona abbastanza abitata, quindi qui è possibile imbattersi in qualche automobilista di passaggio…
 
 
Superato l’incrocio con Via Corneto ci attende una discesa di circa 200 metri, che ci serve per prendere una bella rincorsa in vista della salitella successiva che ci porterà al limite del 1° km
 


Ed eccolo finalmente, il Km 1! Non ci si può sbagliare, il riferimento è costituito dalla presenza di questa fontanella, a sinistra nella foto.
La strada è ancora ben asfaltata, il fondo liscio e levigato e la conformazione ondulata del percorso è perfetta per “scaldare” il motore in vista dei più impegnativi km che ci attendono!

 
Proseguiamo diritti in direzione del bosco de “Le Valli”, che nella foto successiva si intravede sullo sfondo. Qui siamo veramente in aperta campagna, ma il fondo è ancora asfaltato e in discrete condizioni.
 
 
Ancora siamo in fase di riscaldamento, quindi ci possiamo tranquillamente permettere qualche “distrazione”,  per guardarci un po’ intorno.  Non è raro imbattersi in simpatici quadretti “bucolici”, come questo…  Il cavallo sembra guardarmi perplesso, quasi a chiedersi: “Ma questo qui con due zampe sole vuole farmi concorrenza?”.
 
 
Entriamo nel bosco de “Le Valli”. Il paesaggio è invernale, le foglie sono quasi tutte cadute e gli alberi spogli, ma anche per questo ha un suo fascino. Qui volendo si può piegare a destra ed entrare nel bosco, dove ci sono sentieri ben segnati e per tutti gusti. Il più agevole porta in 3/4 minuti alla suggestiva chiesetta della “Madonna della Folgore” (per chi vuole saperne di più: http://www.latuscia.com/it_tuscia_188_vetralla_chiesa-della-madonna-della-folgore.php).
In fondo alla strada, usciti dal bosco, saremo al km 2.
 
 
Siamo quasi fuori dal bosco. Proseguendo diritti si va in direzione di Blera/Villa S. Giovanni in Tuscia (o di Vico Matrino/Barbarano Romano, c’è un altro bivio più avanti). Ma quella è la strada che percorreremo tornando. Adesso invece prendiamo a sinistra, per imboccare un sentiero che corre parallelo al limitare del bosco.
 
 
Fondo piatto e scorrevole, il bosco a sinistra, a destra aperta campagna. Aria pura nei polmoni, nelle narici i profumi di una natura incontaminata. Qui ogni tanto mi piace divertirmi a fare un po’ di ripetute o di “interval training”. Avevo anche misurato per bene le distanze e tracciato dei segni per terra con la vernice, poi la pioggia ha “lavato” via tutto (ma non fa niente, perché ormai mi ricordo tutto a memoria, questi percorsi non hanno più segreti per me!...).  
Si va verso il limite del km 3.
 
 
Km 3. Anche qui non ci si può sbagliare, perché proprio in questo punto termina il manto asfaltato e comincia lo sterrato. Continuiamo a correre fiancheggiando il bosco. Nel silenzio e nella pace più totali, accompagnati soltanto dallo stormire delle fronde e dal volo degli uccelli. Meravigliosa sensazione di libertà!...
 
 
Ma cos’è questo rumore improvviso? Ah, quasi dimenticavo… Siamo vicini alla linea ferroviaria FR3 Viterbo-Roma, e ogni tanto capita di veder passare un treno. Vengono in mente quei versi: “Ansimando fuggia la vaporiera…”. I polledri li abbiamo visti prima. Mancherebbe solo l’asin bigio, e il contesto potrebbe essere molto simile a quello delle ultime strofe di quella bellissima e struggente poesia che a scuola tutti abbiamo imparato a memoria…
 
 
Questo è un punto un po’… “critico”. Siamo all’indomani della cosiddetta “tempesta di Natale” (ricordate?) e di acqua ne ha buttata giù tanta. Bisogna fare un po’ di attenzione a fango e pozzanghere. Il problema - come chi corre ben sa - non è tanto quello di sporcarsi le scarpe, quanto quello del pericolo di scivolare o, peggio, di cadere. Occhio, quindi. Rallentiamo, e facciamo un po’ di… “slalom”!
 
 
Proseguiamo. Ci stiamo avvicinando al 4° km. Fondo sterrato un po’ lento (e fangoso…), ma questo è un punto esposto al sole e si asciuga in fretta. Leggera pendenza a salire, niente di che, ma tra poco arriveranno le “asperità” vere!...
 
 
Una sbarra e un cartello ci informano che stiamo entrando in una proprietà privata. Nessun problema. Si passa sotto e si prosegue. Ai pedoni il transito è consentito…
A volte qui si possono incontrare dei contadini al lavoro. Tempo fa ne incontro uno, ci salutiamo, e mi fa: “Qui non c’è pericolo di essere urtati dalle carrozze, vero?”.
 
 
4° km!  Da qui in poi si fa sul serio. Questa è una salita vera, breve (circa 200 m) pendenza intorno al 15-18%, sentiero disagevole, stretto in alcuni punti, con sbalzi di dislivello piuttosto “duri”, qualche buca e avvallamenti provocati soprattutto dalle piogge.
 
 
Valeva la pena di arrivare fin quassù, no? Guardate che meraviglia questo sentiero che si snoda in mezzo al bosco, completamente ricoperto di foglie. Attenzione a dove si mettono i piedi, però. Le foglie a volte nascondono “trappole” insidiose!...
 
 
In questo punto il sentiero vero e proprio finisce, e ci si addentra in una zona di campi coltivati a noccioleto, praticamente a perdita d’occhio. Ci manteniamo sul margine esterno del campo e proseguiamo.
 
 
Una salitella per scollinare e siamo dall’altra parte, il sentiero è appena tracciato ma abbastanza comodo. Un tratto breve di discesa, da percorrere “con il piede sul pedale del freno” perché le irregolarità del terreno sono sempre in agguato. Vale comunque la pena di rallentare anche per guardarsi un po’ intorno e godere della vista di questi spazi verdi a perdita d’occhio. Per dirla all’inglese, sembra di essere “in the middle of nowhere”. Ma la solitudine, si sa, è la compagna ideale del podista...
 
 
Entriamo nel noccioleto e percorriamo un sentiero abbastanza agevole. Qui è bello correre anche d’estate, quando le piante sono verdi e rigogliose e riparano dal sole.
 
 
Gambe in spalla, ragazzi! Dobbiamo arrampicarci fin lassù… Una “salitella” di un centinaio di metri che nel tratto finale ci costringerà a rallentare fin quasi a metterci al passo!... Prendiamo una bella rincorsa, e… ANDIAMOOOOO !!!...
 
 
Abbiamo appena superato il km 5. Proseguiamo in mezzo ai noccioleti, e vengono ancora in mente versi divini:“…Interminati spazi… sovrumani silenzi, e profondissima quiete…”.  E già che ci siamo, aggiungiamo anche il finale, perché ci sta tutto:  “… Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare”!...
 
 
 
Ritroviamo la ferrovia, e la costeggiamo percorrendo un sentiero appena tracciato che corre lungo il confine del campo. Laggiù in fondo si intravede un passaggio a livello. Quando saremo lì, usciremo dal campo (superando un’altra sbarra), e riprenderemo la strada. Qui il leggero dislivello negativo invita ad allungare il passo, ma vale sempre la pena di rallentare ogni tanto, per alzare lo sguardo e dare un’occhiata al paesaggio circostante.
 
 
 
 
Di là dalla ferrovia, oltre i noccioleti a perdita d’occhio, si erge in tutta la sua maestà il Monte Fogliano, immerso in un gioco di luci ed ombre che fa risaltare ancora di più le molteplici tonalità del verde dei suoi boschi rigogliosi.
Tesori inestimabili che la natura ci regala, e che forse dovremmo imparare ad apprezzare e valorizzare come meritano…
 
 
 
Usciamo dal campo e riprendiamo la strada vera e propria, che da qui in poi non lasceremo più. In questo punto siamo esattamente a metà. Abbiamo percorso infatti 6 chilometri.
 
 
Ancora una salitella di circa 150 metri, dove mi attraversa la strada un gatto che, per niente spaventato dal mio incedere deciso, mi saluta facendo capriole… Ciao bel micione, mi dispiace, non ho tempo ora per le coccole. Vado di corsa!...
 
 
A sinistra si va per Vico Matrino, a destra si imbocca una strada denominata “Dei Tre Confini”, perché corre lungo il confine tra i Comuni di Vetralla, di Capranica e di Barbarano Romano, e che tra circa 3 km si ricongiungerà con la Via del Fosso Grande.
 
 
Abbiamo appena concluso il 7° km, e ci attende l’ultima fatica vera della giornata: una bella “arrampicata” - breve per fortuna, circa 150/200 metri, pendenza intorno al 15%  - da affrontare con calma, perché a questo punto potrebbe farsi sentire un po’ di fatica. Ma conosciamo il percorso, e sappiamo che una volta superato questo ultimo ostacolo, poi il resto sarà quasi una “passeggiata”. Allora forza e coraggio, si va su!
 
 
Eccoci qua, abbiamo “scollinato”! Abbiamo un po’ di fiatone, ma adesso ci attendono due chilometri belli piatti, fondo scorrevole e abbastanza uniforme, e ci possiamo sfogare facendo qualche bell’allungo…
 
 
Ma le occasioni per “distrarsi” sono sempre in agguato! Mentre ci apprestiamo in tutta scioltezza a concludere il km 7 e ci avviciniamo all’inizio del km 8, un fortissimo fruscio improvviso ci fa volgere lo sguardo in direzione di questo oliveto sulla nostra sinistra, appena in tempo per goderci lo spettacolo di centinaia di storni che si levano in volo, forse messi in allarme dal rumore dei nostri passi. Ancora la natura, che non finisce mai di sorprendere…
 
 
 
Ci avviciniamo a grandi passi al 9° km. Una breve discesa, seguita da una altrettanto breve salitella di una cinquantina di metri, ci porta fino a questo bivio. A sinistra imboccheremmo una lunga discesa che porta dopo circa 2,5 km sulla provinciale Cura-Blera. Prendendo a destra invece, torneremo verso Via del Fosso Grande, che  percorreremo in senso inverso in direzione di Cura.
Qui termina il fondo sterrato e si riprende la strada asfaltata, che resterà così per altri 3 km, cioè fino all’arrivo.
 
 
Ancora una breve discesa, che giunge piuttosto gradita a questo punto - perché di km ne abbiamo messi dentro già un bel po’, e le gambe ringraziano – e che ci porta di nuovo al limitare del bosco de Le Valli (quello che abbiamo attraversato prima e poi costeggiato all’andata, ricordate?). Quando rientreremo nel bosco saremo al km 10.
 
 
Dunque, rieccoci qua. Ricordate? E’ da qui che siamo venuti. Per andare abbiamo svoltato a sinistra. Adesso proseguiremo dritti, rientreremo nel bosco e ripercorreremo a ritroso i due chilometri che ancora ci separano dall’arrivo.
 
 
Siamo ormai all’11° km. Un cartello stradale ci informa che siamo di nuovo su Via del Fosso Grande. Laggiù in fondo, al termine di una breve salita, ritroveremo la fontanella (stavolta sulla nostra destra) che all’andata ci aveva indicato l’inizio del 2° km.
 
 
Un ultimo brevissimo strappo per percorrere la salitella che ci riporta al semaforo dell’incrocio con Via Corneto, e poi altri 400 metri circa di discesa e pianura per arrivare al termine della nostra “fatica”.
 
 
Arrivati!!!
Siamo di nuovo su Via delle Fortezze, abbiamo percorso esattamente 12 km.
Se volete fare un po’ di defaticamento, lì sulla sinistra c’è un bel viottolino di campagna che sembra fatto apposta…
 
 
Come ci si sente dopo una corsetta così? Bene, benissimo… Un po’ stanchi, forse (solo un po’), ma sicuramente rinfrancati, gratificati. E soprattutto, si avverte un senso di appagamento, di serenità, di tranquillità interiore che si può provare solo correndo in luoghi del genere e che ci accompagnerà per il resto della nostra giornata. 
Grazie per avermi seguito in questo “fartlek” virtuale.
Se vi è piaciuto, vi aspetto per correrlo insieme. Ma per davvero, stavolta!
A presto dunque, e buon running a tutti!
 
 
 
P.S: per la completezza del racconto, qui a seguire vi allego l’immagine satellitare, con l’indicazione del punto di partenza e di arrivo. Si possono notare distintamente i contorni del bosco de “Le Valli” (quello attraversato dal percorso che abbiamo effettuato), che si estende in alto a destra fino a congiungersi con il cosiddetto “Bosco dell’Impero” - che è poi una propaggine della ben più estesa macchia del Monte Fogliano.
Nell’angolo in alto a destra si può intravedere anche uno “spicchio” del Lago di Vico.
 
 
 
Questa è invece l’immagine della mappa dei luoghi di cui abbiamo parlato e che abbiamo attraversato nel nostro “fartlek”.
 
 
E infine, il profilo altimetrico del percorso. Noterete come sia estremamente “nervoso”.
I dislivelli non sono enormi, ma i tratti di pianura sono pochi e molto brevi.
Si possono individuare distintamente le principali “asperità” presenti lungo il percorso, che ho cercato di documentare anche attraverso le foto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

martedì 3 settembre 2013




 

TRIATHLON CITTA’ DI BOLSENA  “TROFEO DEGLI ETRUSCHI”

25 AGOSTO 2013

di Paolo Coppari

 

Mi ci è voluto un po’ di tempo per “metabolizzare”...

E’ così che succede quando capita di vivere qualcosa di straordinariamente intenso e coinvolgente. Si resta lì, trasognati, per qualche giorno, a rimuginare…

E intanto ti riguardi tutto il film, attimo per attimo.

Ne rievochi i momenti salienti, rivedi i volti, riascolti le voci, riassapori le atmosfere, rivivi le sensazioni.

Ci avevo già provato una volta, alcuni anni fa, a misurarmi con una prova di triathlon.

Ricordo ancora quello che mi diceva in proposito Daniele, per dissuadermi: “Paolo, il triathlon non è come la corsa. I movimenti, gli sforzi, le sollecitazioni, sono completamente diversi… E’ tutto un altro mondo…”.

Verissimo.

Ma quando ti si attacca addosso quel tarlo che ti rode il cervello…

Fu a Bolsena, anche quella volta.

Dopo mesi di scrupolosa preparazione, arrivo sul posto.

Scarico la bici dalla macchina, e… ruota a terra!!!

Prima imprecazione.

Mi metto subito al lavoro con cacciagomme, pompa e quant’altro. Sostituisco la camera d’aria. Vado a gonfiare…
 
 

 Non si gonfia!!!...

Seconda imprecazione.

Cerco assistenza da qualcuno dell’organizzazione. Niente da fare, sono tutti troppo indaffarati, manca poco al via, nessuno mi dà retta…

Imprecazioni seriali.

Potrei rinunciare alla bici e fare solo le frazioni di nuoto e di corsa, ma mi viene da piangere da quanto sono deluso e disperato…

Ricarico tutto sulla macchina e riparto. Via, non voglio neanche restare a guardare la gara, non me ne frega niente, sono già abbastanza depresso per conto mio…

Lì per lì mi dico: basta. Questo è un segno che “non s’ha da fare”…

Passano gli anni. Ma invece di guarire quel tarlo rimane lì, a rodere…

Arriviamo al 2013. Ricomincio gli allenamenti in piscina, un lungo inverno di vasche su vasche, sempre con l’occhio al crono.

In primavera riprendo anche ad uscire in bici, un po’ strada e un po’ MTB.

Ma…  Notizia inaspettata!

Il programma della gara di Bolsena è cambiato!

Non è più “Triathlon Sprint MTB”. E’ quasi un “Olimpico MTB”!

Distanze allungate (nuoto da 750m a 1 km - un “triangolo” della lunghezza complessiva di 500m da percorrersi per due volte:

 
Corsa da 5 a 7,500 km:



Con il passare dei giorni arrivano anche informazioni poco allegre sul percorso MTB.

Si parla di 22 km molto impegnativi, la prima metà tutta in salita. Si sale di 350m in 9 km, lungo sentieri sterrati stretti, appena tracciati in alcuni tratti, con buche, pietre, foglie… A seguire, seconda metà con discese rompicollo su fondo polveroso (o fangoso, in caso di pioggia…).

 


Vado in bici da quando ero ragazzino, ma non ho mai fatto gare e non mi ritengo un ciclista esperto.

Ce la farò? Non ne sono più tanto sicuro…

Cerco di incrementare i ritmi di allenamento in acqua. Nonostante tutto, è la frazione di nuoto quella che mi preoccupa di più. Si comincia con il nuoto, e se “toppi” lì, sei fregato…

Scopro che questa mia “propensione” per il triathlon è condivisa da Silvia e Daniele, due amici runners di Tuscania, fedeli compagni di gare podistiche domenicali.

Andiamo insieme a fare una prova generale un mese prima a Montefiascone lago. Gara di duathlon: 2,5 km corsa +1 km nuoto + 2,5 km corsa.

Silvia e Daniele sono bravissimi, triatleti esperti. Ma li devo ringraziare, per la loro vicinanza, i loro consigli, i loro incoraggiamenti.

Ne vengo fuori, tutto sommato, in modo abbastanza dignitoso, con un 50’36”, ma soprattutto con un 27’42” nella frazione in acqua che mi incoraggia non poco.

Una settimana prima della gara, si va a Bolsena a provare il percorso di MTB.

Siamo un bel gruppo, vengono Silvia, Daniele e Simone da Tuscania, ci accompagnano gli amici dell’organizzazione, Ivano, Laura, Nazareno, ed altri.

 


E’ duro, accidenti se lo è!...

Sono costretto perfino a scendere un paio di volte dalla bici e proseguire a piedi per qualche decina di metri, tanto è disagevole il sentiero in alcuni tratti.

Ma che meraviglia di panorami, su e giù per quelle belle colline, attraverso boschi e campi, si godono scorci veramente mozzafiato!

Il lago con le sue isole, laggiù in basso, uno specchio azzurro tra terra e cielo, e i dolci pendii verdi dell’Umbria dall’altra parte.

Si sale a 650m, su fino al Castello di Montalfina, un gioiello di architettura rinascimentale incastonato in cima ad un’altura, la cui vista da sola ripaga la fatica impiegata per arrivarci.
 
 

Purtroppo non c’è tempo per godersi lo spettacolo, non è una passeggiata questa! E il fondo è così impegnativo che non ci si può distrarre un solo attimo, pena il rischio di cadute rovinose…

Dopo qualche giorno, andiamo a fare una seconda prova, stavolta con Sergio. Tutto OK.

Alla fine siamo stanchi, ma soddisfatti.

Resta da vedere però come sarà farla dopo aver nuotato per un chilometro - e in che condizioni sarò dopo, quando ci saranno ancora da fare 7,5 km di corsa!....

Ci siamo. Il “gran giorno” è arrivato finalmente!

La mattina, a darci il buongiorno, un temporale spaventoso con tuoni, fulmini e acqua a catinelle. Cominciamo bene!...

Ma poi, per fortuna, il tempo ci dà tregua. La buriana si allontana. Con il passare delle ore, fa capolino anche un po’ di sole.

E’ tutto pronto. La zona cambio è un ribollire di attività frenetiche, gli organizzatori (bravissimi!) impegnati a predisporre  scrupolosamente il tutto per la partenza, e gli atleti indaffarati a sistemare le bici e preparare accuratamente l’occorrente per la gara. 

Siamo circa 150 per l’individuale, più una cinquantina di staffettisti, tanta gente anche a guardare, che spettacolo!...

Sono davvero emozionato. Ma sono pronto. Eccomi!
 
 

Alle 10 in punto, si parte! 200 persone che si buttano in acqua e cominciano a nuotare tutte insieme è uno spettacolo impressionante.

Il lago sembra trasformarsi in una tonnara, con quelle centinaia di braccia e di gambe che si agitano e sollevano spruzzi bianchi tutt’intorno!… Ma io stavolta lo vedrò solo nelle foto e nei filmati...
 
 
Devo stare attento a non partire davanti, si possono prendere delle botte pazzesche. Nuotare in queste condizioni non è facile, bisogna essere dei triatleti esperti. Io non lo sono, quindi cerco di “defilarmi” un po’. Ma tanto…

Le prime bracciate sono le più difficili, bisogna partire piano, nuotare con calma e tenere i nervi saldi, guardandosi intorno per evitare “collisioni” con quelli che ti nuotano accanto.

Una bella differenza con gli allenamenti in piscina, quando hai una corsia tutta per te, puoi muoverti come vuoi e prenderti tutto il tempo necessario per trovare la giusta “carburazione”!...

E infatti non va. Faccio fatica a coordinare i movimenti e a controllare la respirazione. Dopo una decina di bracciate, vado in affanno.

Attacco di panico. Che faccio? Non posso mica finirla così, miseramente. Sarebbe quasi peggio dell’altra volta!...

E quella boa, laggiù… sembra così lontana!...

Mi fermo un attimo, faccio qualche metro di rana, riprendo fiato, mi guardo intorno, lascio scorrere avanti un po’ di gente, poi con calma riprendo.

OK, ci siamo. Ritrovo la bracciata, mi tranquillizzo, e vado via in progressione. Raggiungo la prima boa.

Da qui in avanti, nessun problema…  

Seconda virata. Sono a mio agio, l’acqua mi scivola addosso che è un piacere.

Al termine del primo giro si esce, si percorrono circa 30 metri di corsa sulla spiaggia, e poi ci si ributta in acqua per iniziare il secondo.

Completo anche il secondo giro, senza eccessivi affanni. Esco dall’acqua ancora abbastanza “fresco”, in 28’22”. E non sono nemmeno ultimo! Non mi guardo indietro, ma in zona cambio vedo che insieme alla mia ci sono almeno una decina di bici ancora “parcheggiate”…
 

Tolgo la cuffia e gli occhialini, infilo il casco, le scarpe, il pettorale, e via!...

Le sensazioni delle prime pedalate non sono niente male, vado via senza eccessivi problemi di pesantezza alle gambe.

Purtroppo non sono un ciclista provetto (mi ripeto…), per cui, puntualmente, vengo superato da diversi altri concorrenti che pestano su quei pedali come degli indemoniati…

Non mi va di rischiare. Sono qui per finirla, la gara, non certo per vincerla…

Anche la frazione MTB scorre via abbastanza bene (ormai il percorso lo conosco e so cosa aspettarmi...), eccezion fatta per un paio di “incidenti” che mi costringono a fermarmi.

Il primo, una puntura di tafano sulla pancia, piuttosto fastidiosa. Per fortuna ho con me uno stick lenitivo disinfettante, lo applico subito abbondantemente, rimonto in sella e riparto.

Il secondo, una clamorosa “scatenata”, proprio prima dell’inizio della salita che porta al castello di Montalfina. Non faccio in tempo a scalare progressivamente le marce alla fine della discesa, e la catena salta via. Altra sosta forzata per riposizionarla, e via di nuovo.

Superato il castello, si attraversa un campo di grano appena mietuto, un tratto di circa 500m, bellissima “variazione sul tema”.



Poi giù a capofitto per quelle discese in mezzo ai boschi, mani ben salde su manubrio e freni, corpo leggermente sollevato sulla sella, facendo attenzione a modulare bene la frenata sulle due ruote.

Quando si raggiunge di nuovo il manto asfaltato, a circa 3 km dalla zona cambio, è un bel sollievo…

L’ultimo tratto della frazione MTB si percorre sul lungolago di Bolsena. Anche qui, sarebbe un piacere pedalare, se non fosse una gara…

All’arrivo la zona cambio è un tutta un brulicare di attività.
 
I primi sono già arrivati, naturalmente, altri hanno iniziato la frazione di corsa, altri ancora (come me) stanno entrando per lasciare la bici. Non posso fare a meno di rivolgere un pensiero ai giudici di gara. Avranno un bel da fare!...
 
Il tempo della mia frazione MTB è di 1:31’56”. Media km/h 14,356. Se la facevo a piedi mi sa che ci impiegavo di meno…
 
Ma tutto sommato direi che mi posso accontentare.
 
All’uscita dalla zona cambio incrocio Silvia, che ha già completato il primo dei due giri di 3,750 km. Lei è alla caccia di un buon piazzamento di classifica, naturalmente. Io invece, a questo punto devo solo pensare a finire.
 
Mi affianca e mi supera. Ci scambiamo un “Forza, dai, è fatta!!!”.
 
Lei chiuderà in 2:21’26”, prima di categoria. Che brava!...

Le mie gambe intanto sembrano due pezzi di legno…

Il passaggio dalla bici alla corsa è sicuramente quello più critico.

Certo la stanchezza accumulata dopo quasi due ore di sforzo tra nuoto e MTB non può non farsi sentire. Ma credo ci sia dell’altro…

Ho letto che il movimento della corsa podistica è caratterizzato da un uso prevalente di “catene cinetiche aperte”, mentre invece nel ciclismo prevalgono movimenti a “catena cinetica chiusa”.

Sicuramente questo contribuisce non poco a fare la differenza, e a determinare le difficoltà di “adattamento biomeccanico” nel passaggio dalla bici alla corsa.

Per fortuna quella delle gambe pesanti è una sensazione che si attenua, via via fino quasi a scomparire nel giro di 2/3 km.

Un sostegno prezioso mi arriva dopo poche centinaia di metri dagli amici del “Bolsena Forum”, impegnati a distribuire acqua ai concorrenti. Grazie, grazie a tutti: Ione, Alberto, Luzia, Fernando, Giancarlo, Enrico….. non avete idea di quanto mi siano stati di aiuto in quei momenti i vostri incoraggiamenti!...
 
 
E grazie anche ad Augusto, che ogni volta ci immortala con i suoi splendidi servizi fotografici!

Bello anche il percorso della frazione di corsa - per chi ha ancora la forza e la voglia di guardarsi intorno...

Si corre sul lungolago di Viale Cadorna fino alla fine. Ma invece di piegare a sinistra si prosegue diritti fino ad imboccare un sentiero sterrato che si infila in mezzo a grandi cespugli lacustri. In alcuni punti bisogna addirittura abbassare la testa per passare sotto a rami ed arbusti, ed è un diversivo utile perché un po’ ti distrae dalla fatica fisica…

Lungo il “biscotto” di Viale Santa Maria incrocio Daniele che sta andando a concludere la sua frazione. Anche con lui un rapido scambio di “Bravo, forza, dai che è finita!!!...”

Chiuderà in 2:22’29”. Bravissimo anche lui.

Alla fine del primo giro vedo l’arco dell’arrivo con altri amici dell’organizzazione impegnati a controllare i passaggi. Mi gridano qualcosa, mi dicono in che direzione devo proseguire, mi incoraggiano. Intravedo Marco, Laura, Maria Grazia, Ivano…

Grazie ragazzi, grazie anche a voi!…

Ormai è fatta. Le gambe hanno ripreso a muoversi bene. La velocità non è un problema a questo punto. Solo la resistenza può esserlo…

Ho una paura fregata dei crampi. So che sono sempre lì in agguato, specie quando si passa da una disciplina all’altra, e possono compromettere tutto. Ma per fortuna stavolta ne esco indenne.

Ultimi 200 metri su Viale Colesanti, magnifico viale alberato che collega la Via Cassia e il centro storico di Bolsena con il lago.

Energie residue zero, ma adrenalina a mille.

Ultime falcate in vista del traguardo. Riesco nell’ordine a:

1.  sorridere;

2.  tirare baci;

3.  battere il “cinque” con Marco sotto l’arco gonfiabile.

 
Tempo della frazione di corsa 38’35” (5’08”/km - non un gran
che, lo so, ma che volete…).

Tempo totale di gara: 2:42’06”.

Ma le sorprese non sono finite! Guardate un po’ qua che cosa
mi aspetta per concludere in bellezza:


Primo di categoria!

OK, non sarà motivo di grande vanto… Giusto un pizzico di soddisfazione in più. Tutto qui…

La giornata si conclude in allegria, con un simpatico “pasta party” abbondantemente annaffiato di vino e spumante.

Festeggiamo soprattutto gli amici dell’organizzazione, che hanno fatto davvero un ottimo lavoro. Siete stati stupendi, ragazzi, grazie, ancora complimenti a tutti voi.

E arrivederci all’anno prossimo!..
 
 
 
E per chiudere “in bellezza” il racconto di questa mia nuova esperienza, ecco cosa mi sento di condividere con tutti gli amici runners che, come me, amano ogni giorno misurarsi con nuove sfide:

 


 
I vincitori

non sono quelli

che non falliscono mai,

Ma quelli che

non mollano mai!